“Alle
anime superficiali occorrono degli anni per liberarsi di un’emozione. L’uomo
padrone di sé pone fine a un dolore con la stessa facilità con la quale
improvvisa una gioia”.
L’affascinante
genio di Oscar Wilde è imbarazzante talvolta.
E’
quasi faticoso ammettere la velocità delle emozioni, pensare alla sofferenza
come stato effimero è un po’ una banalizzazione del dramma. Eppure non è
cinismo ma realismo, quello di Wilde.
Non
è solo umano che tutto passi, che i sensi siano sollecitati da tormenti e da
gioie a ciclo continuo, che non ci sia orrore o meraviglia che non lasci posto
a nuovi orrori e nuove meraviglie.
E’
questione di sensi. Se restassimo attaccati a un’emozione non riusciremmo a
vivere. Che poi la vita è tutto, noi ci stiamo dentro come granelli di sabbia,
a prendere acqua, vento e sole.
D’altra
parte al più bel libro che abbiamo letto si aggiunge sempre il più bel libro
che dobbiamo ancora leggere.
Niente
è assoluto. Neanche quello che siamo, forse.
Oscar
Wilde lo sapeva.
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