sabato 27 ottobre 2012

Nessuno è indispensabile


Nessuno è indispensabile di Peppe Fiore è un capolavoro. L’affresco impietoso, feroce, disarmante di un tessuto esistenziale slabbrato e dissanguato.
Insomma, Nessuno è indispensabile, è un capolavoro di lucidità umana con lo spirito dissacrante della commedia tragicomica. E’ un pugno nello stomaco, un uragano, un urlo lacerante. Ferocemente ironico e dolcemente geniale. Schietto, immediato, acuto e vertiginoso.
“I colleghi sono persone fino a un certo punto. Per questo si chiamano risorse umane”. E finché a pronunciare la frase è il capo del personale di una grande azienda saremmo portati a pensare a un libro socio-culturale sulle condizioni di lavoro, magari addirittura indotti a supporre un rigurgito di ribellione di fabbrica. Non perché una considerazione del genere si possa accettare, è drammaticamente infelice, ma perché con buona pace dello spirito la “collocheremmo” svuotandola un po’ di pathos. Insomma ci indignerebbe ma non ci farebbe sprofondare nel baratro della disperazione.
Se a questo però aggiungi la storia, la nevrosi da scrivania, il cinismo collettivo e trasversale, i suicidi a catena, la dimensione ignota del dolore e quell’intreccio di vite che scorrono una accanto all’altra tutti i giorni dal mattino alla sera senza conoscersi veramente avverti tutta l’angoscia della solitudine e il grottesco sgretolamento della dimensione umana, individuale e di relazione.
Davanti all’assenza di partecipazione alla tragedia, all’indifferenza, all’incapacità di coglierla e di fermarsi per ritrovare se stessi al sindacalista Melogna quello che fa schifo infatti è “la totale, assoluta mancanza di misericordia di questa gente verso i proprio simili”.
200 pagine così, veloci e graffianti, con prosa fluida e efficace. Uno spaccato inquietante del nostro tempo. E una carrellata di personaggi spudoratamente e tristemente realistici: Gervasini, Pigafetta, Sgueglia, Marchetti e colleghi sono la personificazione della spaventosa deriva del nostro mondo.
E per Peppe Fiore non c’è bisogno di enfasi, di toni ampollosi o angoscianti. Anzi. La realtà, che osserva e racconta con grintoso disincanto, è talmente lampante, desolante e crudele da non dover essere esasperata con le parole. Se mai riesce, con qualche brillante colpo di coda, a farci pure sorridere, sebbene amaramente.
Peppe Fiore, Nessuno è indispensabile, Einaudi editore.

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