lunedì 29 aprile 2013

Il corpo docile di Rosella Posterino


“I corpi docili di noi detenuti. Decidono quando e quanto dobbiamo mangiare, quando e quanto dobbiamo dormire, quando e quanto dobbiamo parlare”.
L’esperienza dei libri è nello spazio infinito. Anche quando l’infinito è chiuso in un carcere.
Il corpo docile è un viaggio doloroso, per Rosella Posterino e per i lettori è la sfida del bianco e del nero, è la prova che esiste quello che non vediamo, è l’urlo orribile della verità. D’altra parte è anche un intenso, commovente romanzo di attimi e parole, di coscienza e di orrore, di respiro e di vita. Perché gli aliti umani sono vita, anche quando non ci pensiamo, anche quando ne accettiamo la sofferenza.
Capire, forse. Il corpo docile nasce da quel bisogno, magari. O dall’ostinazione di toccare l’angoscia per raccontare qualcosa che svegli dall’indifferenza.
Milena è nata in carcere, non ha imparato a “sentirsi umana”. E’ una pugnalata, questa. Ha ereditato la colpa dalla madre, Milena. E il carcere annulla l’orizzonte, chiude le porte al cielo, sbava i sorrisi, scava dentro un delirio.
Forse qualcosa di Milena può restare dietro le sbarre per sempre. Quella di Milena è una storia diversa perché quello è il destino nel quale ha aperto gli occhi. Come Eugenio, il bimbo di Rosa, un’altra detenuta di Rebibbia.
Poi Milena incontra il giornalista Lou Rizzi ed è un appuntamento con se stessa, con il desiderio, con la paura, con la responsabilità. Un salto.
Il corpo docile, un libro per anime forti.

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