Ci
sono letture che sono uno scontro frontale con un fantasma sconvolgente.
Perché
ci sono libri che narrano la realtà che divora la mente, il terrore allo stato
puro.
Libri di un dramma che si insinua sfrontato e violento nel corso di una
vita fino a dettarne il ritmo e a avvolgerla nell’ansia.
Quello
di Christian Frascella, Il Panico quotidiano, è uno di questo. Sferzante e
veloce come gli attacchi di panico che spezzano il tempo, le forze, gli
orizzonti. E pure gli affetti. Sono come una voragine. La paura che balza fuori
durante un turno di notte in fabbrica e non smette più di mordere i fianchi, di
mandare in frantumi tutto, senza pietà. Il protagonista è in un campo minato,
giorno dopo giorno tra un’esplosione e l’altra. Fino all’incontro con un
pensionato ex operaio e uno psichiatra attraverso i quali risalirà la china del
baratro. Con una fatica immane, naturalmente. Perché sciogliere il terrore vuol
dire anche incontrare i brandelli di memoria e dolore.
Il
ritmo è vertiginoso. Quasi un urlo. Forse esprime ancora il battito del panico.
O risponde al bisogno di liberarsi, con urgenza.
L’esperienza
devastante degli attacchi di panico elaborata e consegnata a un libro si rivela
un viaggio crudo e intenso per qualsiasi lettore e può rappresentare, o almeno
ce lo auguriamo, una chiave di sostegno per chiunque ne provi davvero l’orribile
fiato.
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